Tipi e identikit dell’uomo maltrattante

Sappiamo che non è possibile stilare un identikit del maltrattante o almeno un profilo psicologico di base. Sarebbe bello e rassicurante poter individuare dei tratti, delle caratteristiche o indicatori che, a colpo sicuro, ci facciano capire chi abbiamo davanti, come si comporterà nel futuro e nelle diverse situazioni. Ma non è così perché è il c.d. “maltrattante” è l’uomo comune, dapprima attento e innamorato, che poi agisce comportamenti di aggressione e violenza,  uomini “normali” che usano abusi fisici, emotivi, verbali ed economici o sessuali per controllare le loro partner.

Nella testa del maltrattante

Ricordiamo che un maltrattatore vuole esercitare il proprio controllo. Misura i propri atteggiamenti in pubblico e poi nel privato si mostra con le fragilità e le paure soprattutto di perdere l’amore e la relazione, angosce di separazione che generano poi appunto le aggressioni di possesso.   Nei casi di abusi domestici si tratta di qualcosa di più di un “problema di rabbia”. A volte la gestione della rabbia è certamente una componente ma che si colloca in una gamma molto più ampia di questioni relative a violenza e abusi, potere e controllo e genere. Tant’è che il comportamento abusivo non è un problema nella relazione, ma un problema nell’aggressore o meglio, l’aggressione è un modo di stare nelle relazioni ma anche di fuggirle. La violenza non è una malattia, è un comportamento scelto, che esprime una mentalità, un modo di pensare e di agire. Come scrive Lundy Bancroft l’abuso è un problema legato ai valori, appunto per questo non è un problema di natura psicologica.

Principali classificazioni tipologiche degli uomini violenti contro la partner

Gli aggressori di coppia non costituiscono un gruppo omogeneo. Attualmente sono disponibili molteplici studi tipologici, realizzati in base a diverse prospettive e classificazioni basate su diverse dimensioni.

Tali classificazioni sono state effettuate in base a diverse variabili: gravità della violenza e rischio per le vittime, caratteristiche psicopatologiche e di personalità degli aggressori, controllo della rabbia e, più strettamente all’intervento, motivazione al cambiamento.

Le prime tipologie hanno preso come riferimento il profilo psicopatologico degli aggressori valutato principalmente in base al test MMPI,  e indicano due gruppi di persone:

a) con caratteristiche antisociali, cioè con punteggi elevati in deviazione psicopatica e depressione o in personalità antisociale e narcisista; b) privi di caratteristiche psicopatologiche (punteggi non rilevanti alle scale applicate).

Classificazione Gottman et al. (1995)

La classificazione empirica di Gottman et al. (1995) si basa essenzialmente sulla misurazione della risposta psicofisiologica (cardiaca) degli uomini violenti in una discussione di coppia e di come questa vari rispetto la condizione consueta.

Maltrattanti di tipo 1 (cobra): uomini violenti che, in una discussione di coppia, mostrano una diminuzione del loro battito cardiaco e manifestano molta aggressività e disprezzo verso la vittima. Costoro sono violenti anche verso persone dell’ambiente sociale, lavorativo, etc. Da un punto di vista psicopatologico, tendono a mostrare caratteristiche antisociali e aggressivo-sadiche, e inoltre una maggiore probabilità di tossicodipendenza. Agiscono una violenza strumentale, cioè il comportamento aggressivo è pianificato, esprime un livello profondo di insoddisfazione e non genera sentimenti di colpa.

Maltrattanti di tipo 2 (pitbull): uomini violenti nei quali aumenta la frequenza cardiaca  in una discussione di coppia. Da un punto di vistapsicopatologico, tendono a mostrare disturbi di personalità evitante e borderline, caratteristiche passivo-aggressive, rabbia cronica e uno stile di attaccamento insicuro. Agiscono una violenza impulsiva, caratterizzata da un comportamento regolato dalla rabbia e che riflette difficoltà nel controllo degli impulsi o nell’espressione degli affetti.

Classificazione Holtzworth-Munroe e Stuart (1994)

La tipologia proposta da Holtzworth-Munroe e Stuart (1994) si concentra su tre variabili rilevanti: funzionamento psicologico, estensione della violenza e gravità dei comportamenti. Da queste dimensioni si osserva l’esistenza di tre tipi di aggressori: a) limitati all’ambito familiare, b) borderline/disforici, c) violenti in generale/antisociali.

Maltrattamenti limitati al l’ambito familiare (sovra controllati). Questi soggetti sono violenti soprattutto nell’ambito familiare (contro il partner e i figli), la loro violenza è meno frequente e grave che nei gruppi restanti, ed è meno probabile che aggrediscano sessualmente il partner. Sebbene non sia frequente trovare psicopatologia o disturbi della personalità possono apparire tratti di personalità passiva, dipendente e ossessiva. È il gruppo che presenta i minori fattori di rischio e che può aver subito livelli bassi o moderati di aggressione nella sua famiglia d’origine. Sono persone che di solito si penteno dopo un episodio violento e criticano l’uso della violenza. In definitiva, sono soggetti a basso rischio e, in generale, hanno meno problemi legali di altri tipi di aggressori.

Maltrattanti borderline/disforici (impulsivi). Questo gruppo rappresenta il 25% dei maltrattatori. Questi soggetti sono spesso violenti fisicamente, psicologicamente e sessualmente, e mostrano una violenza di intensità media o alta, di solito diretta contro il loro partner e altri membri della famiglia (a volte possono essere violenti al di fuori dell’ambito familiare). Presentano maggiori problemi psicologici, quali impulsività, instabilità emotiva e irascibilità. Inoltre, essi oscillano gradualmente dal controllo alla rabbia estrema, che spesso si adatta al disturbo di personalità borderline. Tendono a giustificare la violenza che esercitano. Soggetti a rischio moderato.

Maltrattanti violenti in generale/antisociali (strumentali). Questo gruppo – che rappresenta il 25% dei maltrattatori fa un uso strumentale della violenza fisica e psicologica, che si manifesta in modo generalizzato (non limitata alla casa) come strategia di lotta per ottenere ciò che si desidera e superare le frustrazioni. Mentre l’aggressore impulsivo agisce con violenza in risposta ad una tensione interna accumulata, gli strumentali (antisociale) utilizzano la violenza in modo freddo per ottenere obiettivi specifici. La loro violenza è più frequente e intensa di quella dei gruppi precedenti. Nel complesso presentano livelli più elevati di manipolazione psicopatica. Mostrano anche atteggiamenti che giustificano il ricorso alla violenza interpersonale. Inoltre è più probabile che consumino alcol e droghe e che abbiano o abbiano avuto problemi legali a causa dei loro comportamenti antisociali. Sono  considerati aggressori ad alto rischio.

Cavanaugh e Gelles (2005)

Gli Autori classificano gli abusatori in base alla gravità della violenza e al rischio per le vittime.

Cavanaugh e Gelles (2005) considerano teoricamente l’esistenza di tre gruppi di abusatori:

a) a basso rischio: violenze di bassa gravità e raramente, con poca o nessuna presenza di psicopatologia e, generalmente, senza precedenti penali;

b) rischio moderato: violenze un po’ più frequenti e di media gravità, che presentano livelli psicopatologici moderati o elevati;

c) ad alto rischio: violenze più gravi e più frequenti, che presentano alti livelli di psicopatologia e che, inoltre, tendono ad avere precedenti penali.

Murphy et al. (2007)

Il ruolo della rabbia e dell’ostilità nei maltrattanti è controverso. Recentemente sono state analizzate molte ricerche e sembra essere presente una relazione lineare tra i livelli di rabbia e ostilità e gravità della violenza agita verso il partner. Inoltre gli aggressori presentano livelli di rabbia e ostilità moderatamente più elevati rispetto agli uomini non violenti.

Murphy et al. (2007) hanno identificato tre tipi di uomini violenti nella gestione della rabbia:

Rabbia patologica: pochissimo controllo sulla rabbia. Sono persone con bassa autostima, struttura della personalità borderline, caratteristiche psicopatiche e abuso di alcol e droghe, nonché problemi interpersonali fondamentalmente legati alla vendetta e al dominio. In questo gruppo sono coloro che esercitano una violenza più grave e coloro che, dopo essere stati in trattamento, hanno maggiori probabilità di abbandonarlo e continuare ad abusare.

Basso controllo della rabbia: basso controllo della rabbia e un’alta frequenza di comportamenti violenti. Molti di loro, dopo il trattamento, continuano a maltrattare il proprio partner (soprattutto psicologicamente). È un gruppo simile al precedente, dal quale si distingue per una minore intensità di rabbia.

Rabbia normale: persone che non hanno problemi con il controllo della rabbia e il cui comportamento abusivo è meno grave rispetto ai gruppi precedenti. Sono quelli che ottengono i migliori risultati dopo il trattamento.

Echeburúa, Fernández-Montalvo et al. (2009)

Gli Autori stabiliscono tre livelli di rischio di violenza grave o letale (basso, moderato e alto) sulla base di una scala validata nei Paesi Baschi sulla base delle denunce presentate per violenza di genere.

I predittori di omicidio o di violenza più grave hanno a che fare con:

–   tipo di violenza: minacciare la vittima con oggetti pericolosi o armi di qualsiasi tipo o chiara intenzione di arrecare alla vittima un danno grave;

–   profilo dell’aggressore: intensa gelosia, possessività o comportamenti di controllo nei confronti della partner, giustificare violenze per consumo di alcol o droghe o per stress, accusare la vittima di provocazione; comportamenti molesti, violazione di ordini restrittivi, sentimenti di umiliazione per la rottura del partner, una storia di precedenti violenze e, in molti casi, una storia di trattamento psichiatrico;

–   percezione della vittima: percezione di essere stata in pericolo di morte nell’ultimo mese, età molto giovane, personalità altamente dipendente, circostanze di malattia o dipendenza economica, uso di droghe o ambiente solitario.

Le variabili relative alla violenza grave hanno a che fare con le diverse dimensioni sopra indicate e anche  con variabili socioeconomiche e contestuali quali i problemi economici, la mancanza di sostegno sociale o la recente separazione su iniziativa della vittima.

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