Nel contesto attuale, la maschilità si trova al centro di una profonda trasformazione, spinta da nuove consapevolezze sociali, cambiamenti culturali e da una rinnovata attenzione scientifica. Questo cambiamento influisce sulle relazioni affettive, modificando il modo in cui gli uomini vivono l’amore, la sessualità e la famiglia. In realtà questa evoluzione non è lineare.
Libri, ricerche scientifiche, media e social network presentano una visione complessa e spesso contraddittoria del mondo maschile, evidenziando le difficoltà che molti uomini affrontano nel liberarsi dagli stereotipi tradizionali. I modelli maschili tradizionali, fondati su forza, controllo e invulnerabilità, sono progressivamente affiancati da concezioni più complesse, che includono emotività, empatia e parità di genere. La maschilità, soprattutto nelle relazioni affettive e sessuali, viene descritta come una “gabbia” che limita l’espressione autentica di sé, ostacolando una piena consapevolezza emotiva e relazionale.
Dati recenti rivelano che circa il 40% degli uomini fatica a esprimere le proprie emozioni, intrappolati da convinzioni di genere profondamente radicate.

Molti uomini si trovano a rinegoziare la propria identità in un sistema ancora fortemente influenzato da stereotipi e aspettative di genere. La difficoltà nel riconoscere e comunicare le proprie emozioni rappresenta una delle criticità principali: circa il 40% degli uomini riferisce una fatica significativa nell’espressione emotiva. Sebbene sia evidente un’evoluzione nel modo di vivere la maschilità, il cambiamento è spesso rallentato da costrizioni culturali che sembrano bloccarne il potenziale trasformativo. Tale blocco ha effetti diretti sulle relazioni affettive, sulla gestione del conflitto e sulla qualità del legame con l’altro.
Psicologia della maschilità in trasformazione
Comprendere il maschile oggi significa esplorare la complessità della sua identità, nei suoi aspetti affettivi, relazionali e simbolici.
La maschilità, intesa come costruzione socio-culturale, sta attraversando una fase di ridefinizione che incide profondamente sulle dinamiche di coppia, sul concetto di virilità e sulla funzione paterna. Negli ultimi decenni, il modello tradizionale di maschilità – incentrato su forza, controllo e invulnerabilità – è stato progressivamente affiancato da un approccio che valorizza l’emotività, l’empatia e la parità di genere. Questo cambiamento riflette l’evoluzione di una società sempre più consapevole dei bisogni emotivi degli uomini e della necessità di ridefinire le dinamiche relazionali.
Gli operatori clinici e sociali sono chiamati ad aggiornare i propri strumenti di lettura per accompagnare gli uomini in un percorso di consapevolezza e cambiamento. In particolare, è cruciale intervenire su tematiche quali: dipendenza affettiva, identità di genere, gestione della frustrazione e prevenzione della violenza.
Maschilità e reati relazionali
Il cambiamento nei rapporti di genere ha inevitabilmente ridefinito anche la cornice criminologica dei cosiddetti reati relazionali.
Il rapporto tra i generi sta alla base dei reati chiamati relazionali. Diventa quindi necessario riflettere sul concetto di maschilità così come di femminilità.
Il concetto di “essere” o “fare il maschio”, come quello della donna d’altra parte, si basa su uno stereotipo che deve essere aggiornato, il concetto di maschilità si è trasformato da quando si è iniziato a parlare culturalmente e politicamente di violenza di genere. Si sono modificati negli ultimi decenni i concetti di violenza e di aggressività. Sono cambiate le relazioni, la famiglia stessa è cambiata, la donna è cambiata, è trasformata la percezione socio-culturale del maschio.
Di conseguenza la risposta istituzionale rispetto al problema della violenza nelle relazioni d’intimità si è spostata da una prospettiva victim-centred ad una perpetrator-centred, con l’obiettivo della prevenzione della recidiva e lo sviluppo di un approccio di comunità.
A fronte dei mutamenti è da rivedere in ottica criminologica anche la c.d. “ruota della violenza” che oggi cambia ritmo perché sono mutate le modalità e i ruoli di coppia, è variata la velocità con cui si consumano le relazioni.
Dal punto di vista criminologico a fronte di trasformazioni della coppia e dei modelli relazionali dobbiamo riflettere sul “chi è l’autore di reato e come si riconosce”, o meglio sulla percezione dell’identità di sé stesso e dell’identità da lui percepita nella dinamica della relazione e dei ruoli sociali. L’analisi criminogenetica e criminodinamica è un punto fondante quando stiliamo un trattamento per persone maltrattanti come previsto dal c.d. Codice rosso. Altro punto d’impostazione degli interventi riguarda la netta distinzione del maschio c.d. violento e del comportamento aggressivo, ovvero distinguere la persona dal comportamento. Sono concetti strutturalmente diversi, parliamo di aspetti personologici assolutamente diversi e parliamo di una capacità di gestione e riconoscimento delle emozioni negative sul quale noi dobbiamo lavorare, così come intervenire sull’aggressività oppure lavorare sulla scelta consapevole del soggetto di agire un comportamento violento.
Le dimensioni del trattamento
L’intervento criminologico attuale si fonda su un approccio perpetrator-centred, che mira alla prevenzione della recidiva e alla responsabilizzazione dell’autore. In tale ottica, il lavoro trattamentale prevede un’attenta valutazione dei fattori di rischio e di protezione, distinguendo il comportamento violento dalla struttura di personalità dell’individuo.
Un modello efficace di intervento deve considerare l’interazione di molteplici fattori:
- socio-culturali: stereotipi di genere, norme sociali, rapporti di potere, contesto culturale;
- relazionali: comunicazione nella coppia, gestione del conflitto, ruoli familiari;
- psicologici:
- cognitivi: convinzioni su identità di genere, aspettative di ruolo, idee disfunzionali sulla relazione;
- emotivi: riconoscimento e gestione di rabbia, vergogna, gelosia, paura;
- comportamentali: modelli appresi di prevaricazione, incapacità di instaurare relazioni simmetriche;
- criminologici: analisi del comportamento agito, rischio di recidiva, storia giudiziaria.
Principi operativi
Il lavoro con uomini autori di violenza richiede un’alleanza terapeutica costruita su chiarezza, responsabilizzazione e sospensione del giudizio. Gli obiettivi principali del trattamento includono:
- riconoscere la propria responsabilità nell’agire violento;
- comprendere le origini multifattoriali della propria condotta;
- superare la tendenza a giustificare o minimizzare;
- sviluppare la capacità di mentalizzazione e di lettura empatica dell’altro;
- costruire una visione relazionale fondata su rispetto, reciprocità e consapevolezza.
Conclusione: un percorso verso relazioni più autentiche
La maschilità sta cambiando, e con essa il modo in cui gli uomini si rapportano a sé stessi e agli altri. Comprendere questa trasformazione è essenziale per favorire relazioni più sane, autentiche e consapevoli, in un contesto sociale in continua evoluzione. La sfida è aperta, e le prospettive che emergono rappresentano un’opportunità per costruire un futuro relazionale più equilibrato e inclusivo.
Per approfondire: Maschilità e relazioni affettive. Prospettive cliniche e strumenti operativi
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