I casi di Chiara Poggi e Serena Mollicone: l’analisi della Psicologa forense Laura Baccaro 

Perché siamo attratti dai casi di cronaca nera? L’analisi della psicologa forense Laura Baccaro a PULSAR di Telecittà

Casi irrisolti, fascino del crimine e pericoli della narrazione mediatica: sono stati questi i temi al centro della puntata di PULSAR andata in onda il 31 marzo 2025. Tra gli ospiti in studio, accanto al criminologo e antropologo Simone Borile, era presente Laura Baccaro, psicologa forense, che ha offerto una lettura profonda e tecnica del legame tra il pubblico e i grandi casi di cronaca nera italiana, come quelli di Chiara Poggi e Serena Mollicone.

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La psicologia dietro il fascino per i casi di cronaca nera

Secondo Laura Baccaro, l’interesse per il crime e il genere noir nasce da un’esigenza profondamente umana: trovare ordine nel disordine. I cosiddetti cold case, ovvero i delitti irrisolti, rappresentano una sfida emotiva e razionale per chi li segue. Cercare la verità è, per molti, un modo per ristabilire un equilibrio etico, per far trionfare il bene sul male.

Questa tensione verso la giustizia ha anche una funzione catartica: ci permette di elaborare paure e insicurezze, di riconoscere negli archetipi del male una minaccia da affrontare, ma anche da controllare attraverso la conoscenza.

Il ruolo del movente nei casi di cronaca: quando l’incomprensibile attira

Uno dei punti centrali toccati da Baccaro riguarda l’assenza del movente, come nel caso di Chiara Poggi. Quando manca una motivazione chiara, il crimine appare più terribile e disorientante. E proprio questa incomprensibilità genera una doppia reazione: da un lato paura, dall’altro una forma quasi morbosa di attrazione, che spinge a seguire il caso con ancora più attenzione.

Il “bravo ragazzo” che stravolge gli archetipi: il pericolo invisibile

Baccaro ha anche sottolineato quanto l’apparenza dell’imputato influenzi la percezione collettiva. Nel caso Poggi, ad esempio, l’indagato era un giovane dai tratti considerati “positivi” – biondo, occhi azzurri – e ciò ha frantumato gli archetipi tradizionali del male. Quando il “colpevole” non ha l’aspetto del mostro, la nostra capacità di riconoscere il pericolo viene messa in crisi.

Le fiabe ci hanno abituati a distinguere facilmente tra buoni e cattivi. Ma la realtà – come ci ricorda Baccaro – è ben più complessa, e questo alimenta sia l’interesse che il disagio verso certi casi giudiziari.

Il pericolo dello storytelling: quando la narrazione oscura i fatti

Un altro elemento chiave evidenziato da Laura Baccaro è il rischio che i cold case vengano trattati solo come “storie”, perdendo il contatto con dati oggettivi, prove scientifiche e analisi giudiziarie. La spettacolarizzazione dei processi può influenzare non solo l’opinione pubblica, ma anche media e tribunali, con conseguenze concrete sull’andamento delle indagini.

In un’epoca in cui tutto è contenuto, video, racconto, è fondamentale – secondo Baccaro – mantenere la centralità della verità processuale.

Il caso Bozzano-Sutter: il dubbio resta

In chiusura, Laura Baccaro ha condiviso alcune riflessioni personali sul caso di Lorenzo Bozzano e Milena Sutter, che ha seguito da vicino. Nonostante l’analisi approfondita, inclusa la somministrazione di test psicologici, la psicologa ha dichiarato di mantenere riserve e dubbi sul profilo personologico dell’imputato, sottolineando l’importanza del dubbio come strumento di rigore scientifico.

Verità, narrazione e bisogno di giustizia

L’intervento di Laura Baccaro a PULSAR ha evidenziato come il fascino per i delitti irrisolti non sia solo morboso, ma radicato in dinamiche psicologiche profonde. Allo stesso tempo, ha lanciato un monito importante: non perdere mai di vista la realtà dei fatti, distinguendo tra narrazione e verità, tra fiction e giustizia.